Con Padoan nuove tasse? Al nuovo ministro dell’Economia piace la patrimoniale

Pier Carlo Padoan, classe 1949, professore di economia e presidente dell’Ista, il nuovo ministro del Tesoro. Non si tratta di un’incognita. Pur essendo ufficialmente un tecnico, i suoi rapporti con la politica (soprattutto con i governi del centrosinistra) sono stati fino a questo momento assidui. Il pensiero di Padoan in fatto di politica economica è ben noto.

padoanPadoan è, essenzialmente, un “tecnico di centrosinistra”. Ossia, non è ossessionato dai tagli alla spesa pubblica ma punta più che altro su una ristrutturazione della tassazione. Il suo obiettivo sarà quello di spostare la pressione fiscale in modo da liberare le potenzialità di crescita dell’Italia.

Ha raccontato chiaramente il suo punto di vista e illustrato le sue ricette in una relazione redatta nel 2010, quando era responsabile del centro studi dell’OCSE.

In breve, Padoan vorrebbe tassare di più risparmi e ricchezza, mentre vorrebbe detassare intensamente il lavoro. Tradotto in parole povere, vuole la patrimoniale.

Si tratta di una ricetta in grado di funzionare? La stampa di destra si è scagliata subito contro questa visione. Le tasse sui risparmi, secondo i detrattori di Padoan, riducono i consumi e quindi sono recessive. L’Imu, per esempio, ha depresso il mercato immobiliare, che ha mandato a sua volta in rovina tutto il settore dell’edilizia, con conseguente moria di imprese.

Questa, però, è un’affermazione a cui è facile obiettare. E’ ovvio che l’Imu frena tendenzialmente il mercato immobiliare, ma è anche vero che un tale effetto è compensabile da un abbassamento del costo del lavoro. Questo, infatti, significherebbe più occupazione, quindi più potere di acquisto, quindi maggiori possibilità, per i cittadini comuni, di acquistare immobili.