Investimenti esteri: si punta a Occidente. Cosa cambia per il cittadino

Fino a questo momento, il leitmotiv è stato il seguente: i paesi emergenti crescono a ritmi esponenziali, attraggano investimenti esteri, compromettono la supremazia di Europa e Stati Uniti.

Ebbene, questa verità sta per essere sconfessata. Colpa di alcune congiunture internazionali e, soprattutto, della crisi valutaria che sta coinvolgendo – con alterna intensità – i paesi emergenti. Le monete di Brasile, Argentina, Russia e India sono in grave difficoltà, e questa sta facendo scappare gli investitori.

A favorire questa fuga, quasi sicuramente anche il miglioramento – per quanto contenuto – delle condizioni economiche dell’Occidente.

Sicché non stupisce il risultato dello studio targato Sovereign Investment Lab (Centro Baffi della Bocconi) che rileva uno spostamento colossale degli investimenti verso l’Occidente.

I numeri parlano chiaro: i fondi sovrani hanno aumentato in un anno il proprio patrimonio del 30% (arrivano ai 3mila miliardi di euro attuali) e questa quota aggiuntiva è tutta appannaggio dei paesi occidentali.

In Brasile, nel 2013 è stato investito la metà del denaro rispetto al 2012 (da 3 miliardi a 1,37). Peggio ancora è andata alla Cina, che è passata da 9 miliardi a 1,13. Vanno benissimo gli Stati Uniti, che passano da 2 a 8 miliardi e all’Australia da 1 a 4.

E l’Europa? I dati sul Vecchio Continente devono essere ancora pubblicati, ma si prevede un aumento in linea con quello registrato negli States.

I ricercatori del Sovereign Investment Lab hanno spiegato questo dietro-front nel flusso con la questione della prudenza: “Ora si privilegiano scelte più prudenti, sia sul fronte delle aree di destinazione dei fondi che dei settori d’intervento”.